È legittima la dichiarazione di fallimento intervenuta su istanza del Pubblico Ministero, inoltrata a seguito di segnalazione compiuta dal Tribunale nell’ambito di procedura prefallimentare. Lo hanno deciso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza depositata ieri, 18 aprile 2013, n. 9409. La questione sottoposta alle Sezioni Unite riguarda la legittimità di una dichiarazione di fallimento intervenuta a seguito di istanza del Pubblico Ministero, sollecitato a valutare l’eventuale sussistenza di uno stato di insolvenza dell’imprenditore da parte del Tribunale, all’esito del procedimento per la dichiarazione di fallimento dello stesso imprenditore, definitosi con decisione liberatoria per il debitore a seguito di desistenza del creditore istante. In merito, si ricorda che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del RD 267/42, il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del Pubblico Ministero. Secondo, poi, l’art. 7, comma 1, n. 2 del RD 267/42, il Pubblico Ministero presenta la richiesta quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile. Su quest’ultima disposizione, la Corte, seguendo un’interpretazione strettamente letterale, ha evidenziato che la formulazione generale della stessa, che riconduce il potere di iniziativa del Pubblico Ministero a detta segnalazione senza la previsione di eccezioni o limiti, non consente di escludere dalla relativa previsione le eventuali segnalazioni effettuate nell’ambito di procedure fallimentari.
Ma non solo, le Sezioni Unite precisano che le modifiche apportate dal Legislatore in sede di riforma del 2006 della legge fallimentare sembrano deporre proprio per un’interpretazione estensiva rispetto al passato del dovere di segnalazione. Chiara è, infatti, secondo i giudici, la sostituzione del precedente riferimento allo stato di insolvenza risultante in giudizio civile (art. 8 del RD 267/42 nella formulazione previgente, oggi abrogato dal DLgs. 5/2006), quindi non in una procedura prefallimentare, con quella della rilevazione effettuata nel corso di un procedimento civile, “nel cui ambito va certamente annoverata anche quella prefallimentare”. Sebbene ciò basti ai suddetti fini, i giudici rimarcano ugualmente che la formulazione letterale della norma risulta supportata dall’intenzione del Legislatore della riforma “essendo stato chiaramente specificato che la richiesta di fallimento inoltrata dal P.M. è conseguente alla segnalazione effettuata nell’ambito di qualunque procedimento da cui risulti l’insolvenza, con l’ulteriore precisazione che ciò vale pure nei casi di rinuncia al ricorso per la dichiarazione di fallimento dei creditori istanti” (in tale senso si vedano Cass. 9781/2012, Cass. 9857/2012, Cass. 9858/2012).